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La collaborazione tra CRIMEDIM ed Emergency per un progetto sull’accesso alle cure in Afghanistan

Nei mesi di settembre e ottobre 2022, i ricercatori di CRIMEDIM Martina Valente e Alessandro Lamberti-Castronuovo hanno raccolto i dati e condotto le interviste nel corso di una missione di ricerca sul campo in Afghanistan, insieme a Francesca Bocchini, Advocacy Manager di Emergency. Oltre ad aver fatto luce su numerose barriere d’accesso e cambiamenti a cui il Paese è andato incontro negli ultimi due anni, il team di ricerca ha elaborato 12 raccomandazioni per il miglioramento dell’accesso alle cure da parte della popolazione.

Di Maddalena Varia

Data di pubblicazione

CRIMEDIM ed Emergency insieme in Afghanistan
Martina Valente e Alessandro Lamberti-Castronuovo in Afghanistan

credits © UPO/Archivio di Ateneo

È stato pubblicato online il report relativo ad un progetto mirato ad esplorare le barriere di accesso alle cure in Afghanistan, frutto della collaborazione tra CRIMEDIM ed Emergency. Il progetto ha dato voce a più di 1800 afgani in dieci province e ha permesso, inoltre, di coinvolgere più di quaranta professionisti sanitari tra cui undici direttori di ospedali provinciali e nazionali.

Nei mesi di settembre e ottobre 2022, i ricercatori di CRIMEDIM Martina Valente e Alessandro Lamberti-Castronuovo hanno raccolto i dati e condotto le interviste nel corso di una missione di ricerca sul campo in Afghanistan, insieme a Francesca Bocchini, Advocacy Manager di Emergency. Oltre ad aver fatto luce su numerose barriere d’accesso e cambiamenti a cui il Paese è andato incontro negli ultimi due anni, il team di ricerca ha elaborato dodici raccomandazioni per il miglioramento dell’accesso alle cure da parte della popolazione. 

I risultati dello studio hanno fatto emergere numerose difficoltà che il sistema sanitario afgano sta affrontando: dall’inadeguatezza delle strutture ospedaliere, fortemente sottodimensionate rispetto ai bisogni della popolazione, alla difficoltà nel reperire farmaci di qualità. Se alcuni aspetti sono peggiorati a seguito dei recenti cambiamenti socio-politici avvenuti nel paese, altri riflettono sfide croniche alimentate da più di quarant’anni di conflitto.

Per quanto riguarda l’accesso alle cure, sebbene il senso di sicurezza sia migliorato e le persone possano spostarsi più liberamente all’interno del Paese, la crisi economica costituisce un importante ostacolo alla mobilità interna: se le strade sono più sicure da percorrere, la mancanza di soldi per pagare i trasporti continua ad impedire ai pazienti di raggiungere le cliniche.

«È stato un progetto intenso e stimolante – spiega Martina Valente descrivendo l’esperienza che ha vissuto. La chiave è stata lavorare in un team multidisciplinare: abbiamo unito l’estesa rete di Emergency sul campo con le nostre competenze scientifiche. Questo ci ha permesso di dar voce a moltissimi afgani, sia pazienti che membri dello staff di Emergency e identificare numerose criticità che caratterizzano il settore sanitario in Afghanistan. Ciò che mi ha colpito di più è stata la disponibilità da parte dello staff locale di Emergency nel supportare questo progetto e il loro desiderio di mettersi a disposizione dello studio per raggiungere un obiettivo comune, ovvero migliorare l’accesso alle cure della popolazione.»

Alessandro Lamberti Castronuovo, invece, riassume così i mesi di ricerca trascorsi: «Due sono gli aspetti di questo progetto che lo rendono unico e interessante, a mio avviso. Il primo è la collaborazione di una organizzazione non governativa con esperienza nel Paese da oltre vent’anni con un centro di ricerca specializzato in ricerca sul campo in contesti difficili e che ha fornito il metodo scientifico che ha permesso di catturare le numerose sfaccettature del complesso contesto afgano. Attraverso una metodologia “mixed-methods”, infatti, abbiamo unito metodi quantitativi (analisi e interpretazione dei dati delle cliniche di EMERGENCY) a metodi qualitativi (questionari e interviste) facendo emergere con più forza le barriere all’accesso alle cure soprattutto per le popolazioni più vulnerabili. Il secondo aspetto è l’integrazione di diversi profili nel team di ricerca: da quello sanitario a quello di esperti in metodologia della ricerca, a quello di advocacy. Il tutto supportato da un team multidisciplinare di entrambe le organizzazioni che ci ha sempre supportato in ogni fase del progetto.»

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    Ultima modifica 19 Aprile 2023

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